giovedì 14 agosto 2014

IL MIO VIAGGIO IN NAVE DA CIVITAVECCHIA AD OLBIA

Trova un parcheggio, metro fino a San Pietro, treno per Civitavecchia, navetta dalla stazione ferroviaria al porto e, dopo un’ora e trenta minuti di attesa alla stazione marittima “Autostrade del Mare”, sono “finalmente” a bordo della Moby Tommy a caccia di un dignitoso posto a sedere. Difficilmente comodità e praticità coincidono così, in una sorta di summit in diretta streaming, la somma delle mie esperienze, il timore di non trovare altri posti liberi, la mia atavica pigrizia, i bagagli a seguito, propendono all’unanimità per la praticità che per loro, in quel momento, corrisponde perfettamente nell’immagine che i miei occhi trasmettono al cervello sotto forma di: tavolinetto tondo in legno scuro stile Irish Pub, due sedie di legno appiccicate allo stesso (che, oltre a non darmi minimamente l’impressione del comodo mi fanno ringraziare la natura per non avermi fatto cicciotto) e, soprattutto, una presa luce che viene ritenuta immediatamente indispensabile dal mio smartphone per la sua sopravvivenza fino ad Olbia.
Sono uscito da casa alle 11 ed alle 15, seduto in un posto che mi appare più improbabile ogni minuto che passa, mi sembra di essere già in Sardegna nonostante ho (almeno) sei ore di navigazione nelle mie più immediate prospettive.
Una vibrazione crescente mi da l’impressione di essermi innamorato ma sono solo i motori della nave che iniziano a scaldarsi. Da una parte ho un senso di delusione poi il pragmatismo prende il potere stabilendo per decreto che si salpa ed è per quello che sono lì. Il conto alla rovescia per lo sbarco ad Olbia può ufficialmente partire. Condivido pienamente la scelta pragmatica del mio io tanto da decidere di uscire sul ponte per regalare anche agli occhi l’immagine della Tommy che abbandona il porto di Civitavecchia sotto la scorta “appiccicata” dei pilotini e di un gruppo di gabbiani geneticamente modificati tanto da preferire la mortadella dei turisti al pesce fresco in mare. Per un attimo penso a tutti i migranti ed alle loro sensazioni quando salpano per viaggi molto meno comodi e con più incognite del mio, poi decido che non posso occuparmi di tutto io e torno a quello che adesso mi sembra una sistemazione parecchio migliore dati i pensieri e le riflessioni.
Osservo chi mi circonda e chi mi passa vicino e mi accorgo che il frenetico passaggio di una moltitudine di persone di tutte le età, nazionalità, estrazione sociale, forme e stile di abbigliamento, non necessariamente corrisponde ad un passar del tempo alla pari. Allora decido di essere anche io parte di quel flusso in continuo movimento alla ricerca di qualcosa da utilizzare a livello farmaceutico contro la noia ed il desiderio di metter piede sulla terra ferma. Del pub e della sua mobilia vi ho detto, aggiungo schematicamente quello che il mio cervello memorizza durante il mio vagare a bordo: bazar zeppo di articoli che compreresti soltanto in overdose di noia a causa del lungo viaggio (fortunatamente è più chiuso che aperto), spazio giochi per una moltitudine di bimbi incapaci di stare fermi neanche fossero stati carcerati in una cella di un metro per uno nell’ultimo anno, ponte esterno molto ventoso, scale ponte superiore con ampi spazi, tantissime panchine bianche di plastica (nessuna libera), un altro bar, altra rampa di scale, ristorante Mascalzone Latino (molto pubblicizzato da una voce femminile attraverso gli altoparlanti della nave), rampa di scale a scendere, un saloncino con dei divanetti (occupati in ogni ordine di posto più da zaini e valigie che da esseri umani), ristorante self service con una parte di comodi divanetti riservata ai clienti dello stesso ed una parte libera per i passaggio pontisti. E’ stato un colpo di fulmine. Il mio corpo si adagia, finalmente, su qualcosa di comodo, di morbido ed è sufficiente premere play sul lettore multimediale del mio smartphone perchè Morfeo approfittasse di me. Non so quanto sono stato tra le sue braccia a svegliarmi sono i rumori di piatti e stoviglie unito al vociare di clienti e personale di sala. Il self service è di nuovo aperto e per me è tempo di migrare nuovamente verso altri lidi. Percorro altre due/tre volte l’itineriario di cui ho già scritto con soste qui e lì ed alle 21, esattamente 10 ore dopo la mia uscita di casa, sono ad Olbia. Mi aspetta un viaggio di un’ora e qualcosa e poi sarò alla destinazione finale: Orosei. @MangiolaAntonio
 


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